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“Il suolo, mai come in questo periodo, dovrebbe essere tutelato e non considerato solamente un’opportunità per produrre reddito. Invece ancora oggi prevale l’interesse privato, a scapito della collettività”.
A dirlo è Giorgio Massignan, presidente di Verona Polis, all’infomani della proposta di realizzare a Verona, alla Bertacchina, una zona agricola di 13 ettari, una grande piscina con le onde prodotte artificialmente per praticare il surf, 600 posti auto, una serie di bungalow turistici e un ristorante. Mentre in Quartiere Pindemonte è prevista la realizzazione di uno studentato di quattro piani per ospitare 139 posti letto, con un bar e un ristorante-mensa.
“Dal secondo dopoguerra ad oggi, l’eccessiva cementificazione e impermeabilizzazione del territorio ha peggiorato la capacità di assorbimento delle acque, con conseguenti inondazioni – sottolinea l’architetto -. Sono state anche ridotte le superfici verdi e piantumate, una delle cause delle bolle di calore, ed è stato sviluppato per cerchi concentrici il tessuto urbano, interrompendo la separazione tra la città e la campagna ed ha prodotto una quantità sproporzionata di volumi edilizi rimasti inutilizzati. Negli ultimi 80 anni, la qualità e la salubrità della vita nelle città ha subito una costante diminuzione”.
In Italia ci sono oltre 310 chilometri quadrati di edifici fatiscenti e non utilizzati e 21.578 chilometri quadrati di terreno ricoperti di cemento, esattamente il 7,16 del territorio nazionale, percentuale in continua crescita. Il Veneto, con 217.744 ettari di suolo edificato, è risultato la seconda regione d’Italia per consumo di suolo e Verona, con circa 5.642 ettari cementificati, il secondo capoluogo della regione.
“Per interrompere questo processo di disequilibrio urbanistico e ambientale, è necessario intervenire con leggi adeguate e con un tipo di pianificazione che non sia sottoposto e succube alle pressioni degli investitori privati – spiega Massignan -. È necessario un riordino delle leggi in materia urbanistica, che si basano ancora sulla legislazione del 1942 e, fin da subito, rivedere i metodi di pianificazione. Attualmente, attraverso vari sistemi, tra cui un utilizzo sbagliato delle “manifestazioni d’interesse”, spesso si configura una sproporzione tra l’interesse pubblico e quello privato, a favore del secondo. Le varie deroghe, le varianti e gli accordi di programma, il più delle volte non sono realmente accolti per una reale pubblica utilità, ma per compiacere agli interessi degli operatori privati”.
Ecco perché, secondo l’ambientalista, si rende quindi indispensabile concedere certe trasformazioni urbanistiche solo se sostenute da forti motivazioni di interesse pubblico e, tra queste, non ci possono essere interventi che prevedono ulteriore consumo di suolo, ma corrette ristrutturazioni urbane, intese come risanamento dell’abitato e rigenerazione sociale, come definito dalle disposizioni europee.
“Dovrà essere prevista una completa regia pubblica nella pianificazione del territorio – suggerisce Massignan -, che imposti una chiara idea di città e della sua vocazione, individuando le aree e gli edifici dismessi da rigenerare, prevedendo anche la decostruzione edilizia, con relativi crediti urbanistici per i proprietari degli edifici inutilizzati costruiti in aree non idonee e che deturpano il paesaggio. La pianificazione pubblica dovrà osservare soprattutto le esigenze della collettività e della salubrità e qualità urbana del territorio che non potrà essere considerato solo un contesto su cui speculare, ma un elemento prezioso per la nostra esistenza, come l’acqua e l’aria. Il rapporto tra gli investitori privati e la pubblica amministrazione dovrà essere gestito da normative urbanistiche oggettive e non discrezionali”.
Per questo, il PAT (Piano di Assetto del Territorio) e il PI (Piano degli Interventi), gli strumenti di pianificazione della città, dovrebbero essere definiti con il metodo della pianificazione partecipata, per evitare che solo alcuni privilegiati possano suggerire le destinazioni d’uso delle proprie aree o edifici e non sia permesso ad una consulta di cittadini, espressione dei portatori di interesse, di partecipare alle scelte d’uso del territorio in cui vivono. “A Verona, invece, si è operato esattamente al contrario – attacca Massignan -, con l’edificazione nei 1.500.000 metri quadrati agricoli alla Marangona. E ora si prevede altro spreco di territorio alla Bertacchina e in Quartiere Pindemonte. Quest’ultimo intervento, oltre a consumare suolo, danneggia i requisiti igienico sanitari di aria, luce e veduta delle abitazioni, provocando un danno agli abitanti”.