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All’indomani dell’esito elettorale negli Stati Uniti, Confagricoltura Verona formula l’auspicio che le relazioni commerciali tra Ue e Usa si normalizzino, chiudendo i contenziosi e le guerre sui dazi che hanno penalizzato pesantemente i formaggi con un 25% di tariffa aggiuntiva sul valore.
“Ci auguriamo che in questo periodo difficile, caratterizzato dal ritorno della pandemia, si riesca a tornare ai normali scambi tra Paesi – sottolinea Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura Verona-. Gli Stati Uniti sono un importantissimo sbocco per il nostro agroalimentare, sul quale abbiamo investito molto in termini di export. I dazi hanno creato un danno ai nostri prodotti lattiero caseari: basti dire che, secondo i dati della Commissione europea, le esportazioni di prodotti agroalimentari dell’Ue sui mercati statunitensi si sono ridotte di 400 milioni di euro nel primo semestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. Nella nostra provincia il Grana Padano è importantissimo anche per i prezzi alla stalla, che hanno subito un ingiustificato raffreddamento a causa delle speculazioni che alcuni industriali hanno esercitato sul settore primario. Queste guerre commerciali hanno colpito noi che non avevamo responsabilità, come nazione, sulla loro origine. Basti pensare all’embargo russo, che ha colpito molti prodotti veronesi come le mele Granny Smith, ma anche ortofrutta, formaggi, carne, salumi. Una perdita di un miliardo di euro in un quinquennio per l’agroalimentare italiano. Perciò speriamo vivamente che si volti pagina”.
Gli Stati Uniti sono il primo mercato di sbocco fuori dalla Ue per il made in Italy agroalimentare. Nel 2019 le esportazioni di prodotti agroalimentari sono ammontate a 4,7 miliardi di euro. “Il sistema agroalimentare italiano ha bisogno di mercati aperti e di regole condivise, per far ripartire la crescita delle esportazioni che ha caratterizzato gli ultimi dieci anni – spiega Ferrarese -. Soprattutto ora, con le restrizioni dovute alla pandemia, c’è bisogno che i nostri prodotti agricoli possano essere commercializzati liberamente sui mercati che contano”.