Dagli scarti dell’olio d’oliva prodotti cosmetici, integratori e mangimi per animali

di Laura Lorenzini

Utilizzare gli scarti della lavorazione per la produzione di olio d’oliva per farne cosmetici, integratori e prodotti per l’alimentazione animale. Tutto con processi ecosostenibili e innovativi. È un progetto all’avanguardia quello di cui è capofila un’azienda bellunese, la Società agricola Moldoi con sede a Sospirolo, nel Bellunese, che è denominato Oli.va.re (Olive Valorizzazione e Recupero) e punta a utilizzare ramaglie da potatura, foglie d’olivo, polpa, buccia, sanse, nocciolino e acque di vegetazione per l’estrazione dei principi attivi di interesse salutistico, cosmetico e farmaceutico.

La società agricola Moldoi (Sam), che fa parte di Confagricoltura Belluno, guiderà un gruppo di lavoro multidisciplinare che coinvolge il Consorzio produttori olivicoli di Malcesine, il frantoio Bonamini Giancarlo di Illasi, la società Agricola Veneto Ovini di Anguillara e, per la parte riguardante la ricerca, le Università di Padova e di Verona. A coordinare il progetto, finanziato con 251.000 euro dalla Regione attraverso i fondi europei per l’innovazione Porfesr, è la Rete Innosap, riconosciuta dalla Regione Veneto e sostenuta da Confagricoltura Veneto, che si occupa di ricerca e innovazione e conta 107 aderenti tra micro, piccole, medie e grandi imprese, istituzioni e centri di ricerca.

“È un lavoro molto interessante, perché andremo a utilizzare gli scarti dell’olio d’oliva, che solo in Italia sono 232.000 tonnellate e hanno un rilevante impatto ambientale, con un costo di smaltimento notevole per le aziende – spiega Nicola De Zordi, fondatore e titolare della Sam, attiva dal 2019 all’interno del Parco Nazionale delle Dolomiti bellunesi per valorizzare le piante del territorio in prodotti salutistici e integratori alimentari -. L’idea è partita dal professor Stefano Dall’Acqua, che dirige il Laboratorio dei prodotti naturali del dipartimento di scienze del farmaco dell’Università di Padova, con il quale collaboriamo da anni e che ci affiancherà nella ricerca. Gli scarti della produzione dell’olio saranno forniti dal Consorzio di Malcesine e dal frantoio Bonamini di Illasi, mentre noi, in collaborazione con le due Università, andremo a realizzare i prototipi di prodotto. In sostanza verranno estratti i principi attivi, che saranno poi utilizzati per creme e altri cosmetici, sciroppi, integratori alimentari. Utilizzeremo tecniche totalmente green, come l’estrazione con fluidi supercritici, metodologia innovativa in grado di estrarre selettivamente la parte più pura e aromatica delle piante, senza l’utilizzo di solventi”.

Il progetto, partito da poco, si concluderà nell’agosto 2024. Verranno lavorati 10.000 quintali di scarti, di cui il 15% da ricondurre a residui di olive dop.  Un universo totalmente inedito per la società agricola Moldoi, che realizza i suoi prodotti con piante dolomitiche come la calendula, la malva, il timo, la menta, il tiglio, la melissa. “Stavolta cambia il materiale di partenza – chiarisce De Zordi -,  cioè gli scarti della lavorazione dell’olio d’oliva, che sono molto interessanti in quanto contengono principi attivi specifici per l’abbassamento del colesterolo e della pressione, ma anche proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. Un nuovo fronte che andrebbe a sviluppare nuovi prodotti innovativi, sani ed efficaci, che rispondono alla domanda di un mercato sempre più sensibile ai temi dell’ambiente e della biodiversità”.

All’ambizioso progetto ha aderito anche un’azienda agricola padovana, la Veneto Ovini di Anguillara Veneta, che dagli scarti punta a ottenere mangimi animali di qualità e a basso costo. “Avevamo già preso parte a un progetto della Rete Innosap con l’Università di Padova, “Ovino veneto di qualità”, per valorizzare l’intera catena del valore delle carni ovine – spiga Davide Morandi, che con i fratelli Luca e Andrea conduce l’allevamento di circa 1.000 ovini, con lavorazione e produzione di carne e salumi di pecora. “Oli.va.re è interessante perché, in un momento in cui i costi delle materie prime per l’alimentazione sono schizzati alle stelle, la sansa dell’oliva può rappresentare un ottimo integratore che potrebbe aiutare a ridurre i costi. Sarebbe il massimo se comportasse anche un miglioramento delle carni”.

Fondamentale, infine, l’apporto del frantoio Bonamini di Illasi e del Consorzio Olivicoltori di Malcesine, che forniranno gli scarti della lavorazione dell’olio: “Noi lavoriamo tra i 13.000 e i 15.000 quintali di olive all’anno – spiega Sabrina Bonamini, che con il marito Giancarlo conduce lo storico frantoio in località Giustina, che raggiunge la produzione di 270.000 bottiglie di olio extravergine annue, distribuite in Italia e all’estero -. Noi già da qualche anno abbiamo avviato un percorso di recupero e riciclo degli scarti: facciamo una lavorazione a due fasi, che consente un risparmio di acqua, e abbiamo acquistato una caldaia speciale che utilizza i noccioli delle olive come fonte per il riscaldamento. L’acqua delle olive e la sansa la vendiamo per le biomasse e le ramaglie le spargiamo sui terreni come compost. Però ci siamo chiesti perché, con la siccità che è diventata una costante, andare a sprecare l’acqua, che rappresenta il 50 per cento delle olive? Perché non dare un valore alla polpa delle olive, ricca di polifenoli?  Così è nata la voglia di aderire a questo progetto, avviato dal professor Stefano Dall’Acqua che dirige il Laboratorio dei prodotti naturali del dipartimento di scienze del farmaco dell’Università di Padova. Noi e il Consorzio di Malcesine gli scarti della produzione dell’olio, per un totale stimabile tra 10.000 quintali tra foglie, residui di nocciolino, polpe, bucce e acqua di vegetazione. Circa il 15% del totale è da ricondurre a residui di olive dop”.

 

Scritto da: Laura Lorenzini